I repubblicani scaldano i motori nel sud Carolina in vista delle primarie. Nel mirino c’è la politica estera del presidente Obama, sotto accusa per essere troppo tenero con il terrorismo islamico.

La politica estera degli Stati Uniti sarà al centro della campagna elettorale nelle primarie repubblicane. E poi di quella del candidato che avrà la nomination per sfidare il designato democratico nella corsa per la Casa Bianca.
E’ quanto emerge dagli interventi al Freedom Summit, che si è svolto al Peace Center di Greenville, Carolina del Sud. L’appuntamento ha visto la partecipazione di tutti i big repubblicani. Il leit-motive è stato sempre lo stesso: la debolezza della politica estera della Casa Bianca.
Scott Walker è il governatore del Winsconsin ed è il primo a salire sul palco davanti a 2000 attivisti repubblicani. La bordata che tira a Barack Obama è di sottovalutare la minaccia dello Stato islamico. Walker ha anche criticato l’accordo nucleare con l’Iran e la gestione delle relazioni con Israele. “Ci vuole un presidente che dica da che parte stiamo e che combattiamo il terrorismo islamico radicale” – ha urlato Walker ai militanti in sala- aggiungendo che “abbiamo bisogno di un presidente che dica che Israele è un nostro alleato”.
Dopo Walker ha preso la parola Ricky Santorum, già in corsa alle primarie repubblicane nel 2012 ed ex senatore della Pennsylvania. Santorum, che scioglierà il nodo sulla sua candidatura il 27 maggio, ha basato il suo discorso tutto sulla politica estera.
“Sarei già felice se solo il presidente ci dicesse” – ha spiegato Santorum- “chi sono i nostri nemici e i nostri amici”. E ha, ironicamente, aggiunto: “Consentitemi un piccolo consiglio al presidente. Iran, nemico; Israele, amico. Santorum ha attaccato Obama per non avere un progetto chiaro di lotta all’Isis, arrivando anche a mettere in dubbio che gli Stati Uniti stiano conducendo una coalizione internazionale che bombarda i centri dello Stato Islamico.
Le critiche alla politica estera della Casa Bianca sono mirate a mettere in difficoltà Hillary Clinton. La ex first lady ha finora evitato di scivolare in dibattiti di politica estera data la vulnerabilità della strategia americana contro l’Isis, in Yemen e in Siria.
Marsha Blackburn è la rappresentante dei repubblicani nel Tennessee. Al Freedom Summit ha chiaramente fatto capire alla stampa che la politica estera giocherà un ruolo centrale nella campagna elettorale. Il tasto che batteranno i repubblicani è che l’America perderà il suo ruolo di superpotenza globale se nel 2016 la Casa Bianca resta in mano ai democratici.
Sul palco del Freedom Summit di Greenville è salito anche il senatore della Florida Marco Rubio, figlio di immigrati cubani e candidato alle primarie repubblicane. Prendendo spunto dalla Blackburn, Rubio ha spiegato che gli Stati Uniti sono ancora il Paese più potente del mondo su molte questioni nelle quali però va trovata una soluzione. La Russia ha invaso i suoi vicini di casa, l’Iran minaccia l’area mediorientale, i jihadisti decapitano i cristiani e conducono persino azioni in Texas. L’America deve per Rubio mantenere la sua leadership mondiale in modo da risolvere queste situazioni.
Sula stessa onda di critiche alla politica estera Usa è stata Carly Fiorina (guarda il video dell’intervento), ex Ceo di Hewlett Packard e ora in corsa per la nomination repubblicana. L’Isis – spiegato alla platea- doveva essere fermata molto prima.
La posizione degli Stati Uniti sullo scacchiere mondiale e la politica estera di Washington saranno al centro del dibattito politico della campagna elettorale repubblicana trascinando inevitabilmente anche la parte democratica.
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