Resi pubblici gli archivi dell’FBI e della CIA sull’assassinio del leader dei diritti civili. La famiglia di King teme un uso strumentale.
L’amministrazione dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha reso pubblici migliaia di documenti top secret sull’assassinio di Martin Luther King Jr, il leader simbolo del movimento per i diritti civili. Si tratta di un archivio enorme: circa 230.000 pagine, rimaste bloccate dal 1977 per ordine del tribunale.
I file comprendono vecchi rapporti di sorveglianza dell’FBI, memo interni e perfino documenti della CIA mai diffusi prima. Un gesto che, secondo il procuratore generale degli Stati Uniti Pamela Bondi, vuole “dare risposte agli americani, decenni dopo l’orribile assassinio di uno dei più grandi leader della nazione”.
Non tutti, però, hanno accolto con favore la desecretazione. I due figli ancora in vita di King, Martin III e Bernice, hanno diffuso un comunicato in cui esprimono “profonda preoccupazione” per il rischio che questi documenti vengano strumentalizzati “per intaccare l’eredità di nostro padre”. I due chiedono che la consultazione avvenga “con empatia, moderazione e rispetto per il dolore ancora vivo della famiglia”.
Trump Administration releases files on Martin Luther King jr
I King ricordano come il padre fu vittima, in vita, di una campagna di “disinformazione e sorveglianza ossessiva” orchestrata da J. Edgar Hoover attraverso l’FBI, negandogli “dignità e libertà fondamentali”. La famiglia cita anche un verdetto civile del 1999, che parlò di una “vasta cospirazione” dietro l’omicidio, e non solo di un gesto isolato.
Il 4 aprile 1968, Martin Luther King Jr fu ucciso a Memphis all’età di 39 anni. James Earl Ray, un criminale abituale, confessò il delitto per poi ritrattare. Condannato a 99 anni, Ray morì in carcere nel 1998, dopo aver sempre sostenuto di essere stato incastrato.
Nonostante il clamore, gli storici frenano sulle possibili “rivelazioni esplosive”. David Garrow, vincitore del Premio Pulitzer per una biografia su King, ha dichiarato alla BBC che “non c’è nulla di nuovo o significativo nei documenti diffusi”, spiegando che molte informazioni erano già note da oltre 40 anni.
Anche il contesto politico ha alimentato le polemiche. Alcuni critici vedono in questa pubblicazione un tentativo dell’amministrazione Trump di distogliere l’attenzione dalle accuse di scarsa trasparenza sul caso di Jeffrey Epstein, l’influente molestatore morto in cella nel 2019 in circostanze ufficialmente ritenute un suicidio. Secondo il leader dei diritti civili Al Sharpton, si tratta di “un disperato tentativo di distrazione” mentre “crolla la credibilità” dell’ex presidente.
Non tutta la famiglia di King, però, condanna la desecretazione. Alveda King, nipote del leader assassinato, ha definito “storico” questo passo verso la verità: “Sono grata al presidente Trump e al direttore dell’intelligence Gabbard per aver mantenuto la promessa di trasparenza”.
Il rilascio dei documenti è stato coordinato con FBI, Dipartimento di Giustizia, CIA e Archivio Nazionale. Secondo l’intelligence, si tratta di fascicoli rimasti “a prendere polvere per decenni” in vari archivi federali.
Un’operazione che, tra vecchie ferite mai rimarginate, teorie del complotto e nuovi sospetti politici, riapre un capitolo doloroso e ancora irrisolto della storia americana.
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