Perché le destre europee avanzano giocando sul voto di pancia e aprono la strada alla democrazia dell’indignazione.
La democrazia dell’indignazione è, molto probabilmente, il concetto che spiega meglio di altri come le sfide attuali all’Unione Europea vengano da lontano. In un lungo articolo su La Stampa di oggi, il giornalista spagnolo Juan Luis Cebriàn riflette su come l’Europa abbia intrapreso il sentiero sovranista.
Questo cammino anti-europeista, nazionalista e xenofobo non nasce per caso. Perché è il prodotto “dell’insoddisfazione sociale” dei cittadini, per dirla con Cebriàn, causata dalle risposte inadeguate alle loro domande da parte delle istituzioni europee.
La percezione di questa insoddisfazione si esprime, in termini pratici, con la paura della globalizzazione (come per esempio i fenomeni migratori) e la crescita del populismo e della demagogia. Due reazioni che aprono la strada alla democrazia dell’indignazione, intesa come un sistema di governo fondato sul consenso di chi si indigna di tutto: indignati dalle diversità culturali, di razza, sesso, religione; indignati verso tutto ciò che è diverso dentro o fuori dai confini nazionali.
Vale la pena ricordare, in una società sempre più confusa dalla terminologia mediatica, che sovranisti e nazionalisti non sono la stessa cosa. Lo ha spiegato bene Sergio Romano sul Corriere della Sera qualche settimana fa.
Il nazionalismo è un concetto antico, che affonda le sue radici nell’epoca di formazione degli stati nazionali. Si pensi alla costruzione dello Stato italiano e tedesco nel XIX secolo. Oppure ancora prima alla nascita della Francia. O ai movimenti nazionalisti del XX secolo.
In sostanza, i nazionalisti individuano nel gruppo di persone che vivono su un territorio ben definito, con la stessa lingua, con gli stessi valori e principi costituzionali, il proprio gruppo di appartenenza. E difendono le istituzioni comuni e i propri confini da quelli degli altri Stati nazionali. Con valori, lingue e principi diversi.
Il sovranismo parte dal principio di un nemico interno, e non solo esterno, che minaccia la propria cultura, il proprio territorio, la propria stabilità. In sostanza, i sovranisti temono Stati e individui diversi, che vivono dentro i confini nazionali oppure che arrivano da fuori come invasioni barbariche. I nazionalisti temono nemici esterni, quasi sempre sono contrapposizioni di livello istituzionale con soggetti statali o enti governativi come protagonisti. I nazionalisti insomma difendono il concetto di appartenenza nazionale rispetto all’esterno. I sovranisti vedono un nemico ovunque ci sia una diversità. Interna o esterna. Di colore, razza, sesso.
Questo, usando parole diverse, è in sintesi il pensiero di Romano. Ma torniamo alla riflessione di Cebrìan. Il giornalista spagnolo precisa come le ultime elezioni europee dimostrino che la destra sovranista non abbia sfondato in Europa rispetto alle attese. Tuttavia, e non si può che concordare con lui, l’entusiasmo di molti va moderato. Perché le destre estremiste, e sovraniste, non sono sconfitte.
A Bruxelles un quarto del Parlamento Europeo è composto da forze di estrema destra nelle sue diverse componenti: neofascisti, sovranisti, xenofobi. Ciò che preoccupa di questa geografia euro-parlamentare è il successo ottenuto da queste forze politiche in Paesi fondatori dell’Ue come l’Italia e la Francia. Se l’avanzata di questa destra è più scontata in Stati dell’Europa orientale come Polonia e Ungheria, ex orbite sovietiche e oggi con la spada di Damocle russa che pende sulle loro teste, diventa difficile accattarne il successo in Stati di grande tradizione democratica.
Cebriàn vede improbabile il tentativo di Matteo Salvini di formare un grande movimento europeo di forze di estrema destra. Un’opinione più che condivisibile. Ci sono, e emergeranno, a mio avviso troppi punti di vista diversi tra i gruppi europei di estrema destra. Ognuno di loro rivendica la propria identità e appartenenza. Quasi impossibile che da anti-global e anti-europei decidano di mettere da parte le proprie istanze particolari. Certo, ci sono molti legami ideologici da non sottovalutare. Come la lotta all’immigrazione; il rifiuto di credere ai cambiamenti climatici in corso; la paura del diverso.
Chi ha dato forza a questi movimenti è stata, come scritto all’inizio, l’indignazione e la paura. Uomini e donne come Salvini, Orbàn o Marine Le Pen attraggono i consensi perché danno risposte immediate e semplicistiche a problemi molto complessi in un mondo profondamente cambiato. Questa tendenza al semplicismo politico, o populismo, è diffusa anche fuori dai confini europei. Parlare alla pancia degli elettori sembra dare buoni frutti. Trump in America, Putin in Russia, Erdogan in Turchia, Modi in India, Xi Jinping in Cina sono tutti esempi di sovranismo.
Per queste ragioni, mi sembra doveroso raccogliere l’appello lanciato dal giornalista spagnolo. C’è l’urgenza che l’Europa, quella democratica e seria, si riorganizzi attorno ai valori che l’hanno creata e che ora sembrano quasi spariti.