Perché Trump uscirà dall'accordo nucleare con l'Iran

Il presidente francese Macron ammette di non essere riuscito a convincere Trump ed è convinto: “Gli Stati Uniti usciranno dall’intesa per ragioni di politica interna”.

Donald Trump uscirà dal trattato nucleare con l’Iran. Emmanuel Macron ha commentato dopo tre giorni di visita negli Stati Uniti che l’America si tirerà indietro dall’accordo per motivi di politica interna.
E Trump metterà la marcia indietro sul patto come dice Macron? Ritengo che non sia una questione di se, ma di quando.
Ma perché gli Usa usciranno dal patto nucleare firmato con Teheran nel 2015? Proviamo a trovare una riposta.

I motivi di politica interna

Le ragioni di politica interna di cui parla il presidente francese ci sono. Il capo della Casa Bianca si è compromesso già in campagna elettorale. La linea dura contro l’accordo serviva per combattere l’orientamento in politica estera dei democratici e di Barack Obama. In sostanza quella del multilateralismo. Che non può convivere con l’isolazionismo di Trump.
L’accordo nucleare iraniano si inserisce quindi in questa contrapposizione tra due modi diversi di percepire la politica internazionale. Da una parte un approccio multilateralista che ha portato gli Stati Uniti a essere presenti a 360 gradi sul palcoscenico globale (linea Obama). Dall’altra, una visione unilateralista che vuole tirare fuori Washington dalle zone calde del mondo controllando da casa che gli interessi nazionali americani non vengano minacciati (linea Trump).
Da qui la campagna elettorale dei repubblicani ha fin da subito preso di mira l’accordo nucleare, colpevole di avere ulteriormente coinvolto l’America nella regione del Golfo.

Israele Mon Amour

Trump e i repubblicani devono anche un favore alla potente lobby ebraica negli Stati Uniti collegata con il governo di Tel Aviv in Israele. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha sempre contestato l’accordo e la politica iraniana di Obama.
La sua colonna interna è stata l’Aipac, la potente organizzazione di ebrei in grado di fare pressioni a Washington a favore di Israele. E’ all’Aipac che Netanyahu si è appoggiato durante la campagna elettorale israeliana del 2015 per andare a parlare al Congresso degli Stati Uniti, aggirando il no dei democratici. E dal pulpito del Congresso fece un’arringa elettorale contro l’accordo nucleare e contro l’Iran al solo scopo di guadagnare maggiore visibilità e sostegno.
Israele ha ricambiato il favore ai repubblicani portando a Trump milioni di voti. Però ha chiesto in cambio la fine dell’accordo nucleare con Teheran. E ora il presidente Usa deve contraccambiare.

Arabia Saudita e Golfo

Infine, c’è l’equilibrio strategico nella regione del Golfo. L’accordo nucleare ha riportato l’Iran a essere un player che controbilancia il potere dell’Arabia Saudita. La monarchia saudita ha fatto il bello e il cattivo tempo nella regione del Golfo finché l’Iran è stato isolato politicamente e sottoposto alle sanzioni internazionali. Ma con l’accordo nucleare, la Repubblica Islamica degli Ayatollah è tornata sulla ribalta, si è legittimata, si è aperta al commercio internazionale e può contenere il potere e l’influenza dell’Arabia Saudita.
L’accordo nucleare quindi ha riaperto la partita tra le due potenze regionali del Golfo, nemiche da sempre. Trump non ha mai fatto un mistero da che parte stare tra Arabia Saudita e Iran. Il primo viaggio all’estero da presidente degli Usa l’ha fatto proprio a Riad.
Obiettivo dell’Amministrazione del presidente americano è di spostare di nuovo l’asse del Golfo verso l’Arabia Saudita, potenziandone l’influenza politica e economica. Basti pensare al petrolio. Obiettivo dell’Amministrazione di Obama fu quello di creare un equilibrio tra potenze nella regione, senza lasciare troppa influenza politica all’una o all’altra. Una strategia che avrebbe dovuto fare abbassare il prezzo del petrolio. Con l’egemonia saudita invece non c’era concorrenza e gli sceicchi di Riad facevano il bello e il cattivo tempo con i prezzi a barile del greggio.
Se queste considerazioni prevalgono sulla scelta che dovrà fare Donald Trump entro il 12 maggio, allora l’America uscirà dall’accordo nucleare. E con lei anche un pezzo della speranza di avere sotto controllo il programma atomico degli ayatollah di Teheran.
Ovidio Diamanti

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