Situazione di stallo a Gaza. Nessun progresso diplomatico. Iran sempre più minaccioso. Niente di nuovo sul fronte di guerra.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha riunito in serata il gabinetto di guerra che deve decidere il via all’azione di terra a Gaza. Ormai non è più una questione di se ma solo di quando.
La riunione del consiglio di guerra segue l’incontro avvenuto a Gerusalemme tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il capo del governo israeliano. Durante il colloquio, il capo di Stato Usa ha riferito a Netanyahu che i razzi sull’ospedale Ahli a Gaza, che hanno causato 500 morti e numerosi feriti, non sono stati lanciati da Israele. Il presidente americano dice di averlo appreso dal Pentagono. Il Senato degli Stati Uniti ha appoggiato la posizione di Biden. Il presidente e il vicepresidente della Camera Alta americana hanno rilasciato una dichiarazione congiunta nella quale affermano che l’attacco è opera dei terroristi militanti. Sulla strage all’ospedale di Gaza aprirà un’inchiesta l’Onu.
Dopo l’incontro con Biden, Netanyahu ha dichiarato che la cooperazione con gli Stati Uniti cambierà l’equilibrio nella guerra. Israele, ha spiegato il premier, riceverà assistenza in materia di sicurezza.
Intanto, aumenta il numero di vittime a Gaza dall’offensiva di Hamas del 7 ottobre. Sono 3478 i morti, lo 0,16% della popolazione palestinese, e oltre 12000 i feriti a seguito della risposta israeliana.
Nel mezzo dell’offensiva aerea israeliana su Gaza, arriva l’accordo con l’Egitto sugli aiuti umanitari attraverso il valico di Rafah. L’operazione umanitaria egiziana è effettuata in accordo con le Nazioni Unite, ha spiegato il ministro degli esteri egiziano.
Minacce dall’Iran. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha accusato nuovamente Israele, accusando lo stato ebraico di essere responsabile dell’attacco all’ospedale di Gaza. Per Raisi, quell’attacco ha segnato la fine del “regime sionista”. La dichiarazione segue quella del ministro degli esteri di Teheran di qualche giorno fa: “Se gli attacchi israeliani alla Striscia di Gaza non si fermeranno immediatamente, la violenza potrebbe estendersi ad altre parti del Medio Oriente”. Il riferimento a un’escalation del conflitto che potrebbe coinvolgere Libano, Siria e forse l’Iran è abbastanza esplicito.
Gli fa eco l’Anp, l’Autorità Nazionale Palestinese, che tuona contro lo sfollamento forzato dei palestinesi da Gaza. “E’ una linea rossa che non tollereremo”, dicono dal quartier generale a Ramallah. Il giorno prima il leader dell’Anp, Abu Mazen, aveva dichiarato che Hamas non rappresenta i palestinesi, prendendo implicitamente le distanze dall’aggressione. Anche la Giordania ha condannato il tentativo di espulsione forzata dei residenti di Gaza, paragonandola a una dichiarazione di guerra.
In questo contesto, l’Onu ha comunicato che i rischi di estensione del conflitto sono molto alti. A prova di questo, l’Arabia Saudita ha ordinato ai suoi cittadini in Libano di abbandonare il Paese. Il Libano è uno degli Stati mediorientali che potrebbero cadere in un allargamento della guerra. Nella serata del 18 ottobre, le sirene risuonano su Tel Aviv e Gerusalemme.