Ucraina, Russia e separatisti filorussi firmano un’intesa a Minsk per indire elezioni nell’est conteso da Kiev e Mosca.
I tre contendenti sull’est ucraino hanno trovato un’intesa il 1 ottobre a Minsk. Kiev, Mosca e i separatisti filorussi appoggiati dal Cremlino hanno firmato – con la mediazione dell’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione Europea (Osce)- l’accordo che prevede l’indizione di elezioni nei territori orientali dell’Ucraina, oggi sotto il controllo dell’autoproclamata Repubblica di Lugansk y Donetsk. L’accordo prevede, però, che tra questi territori il Donbass abbia uno statuto speciale di autogoverno. In programma anche una nuova conferenza internazionale di pace per mettere fine a cinque anni di conflitto. L’apertura dell’Ucraina ha scatenato l’opposizione interna al Paese e al presidente Vladimir Zelensky. Sono scese in piazza subito dopo la notizia dell’intesa centinaia di persone. Duro anche l’ex-presidente Petro Poroshenko, che ha accusato il leader ucraino di capitolare davanti alla Russia. Alcuni analisti internazionali vedono il piano come un piccolo passo per mettere fine a un conflitto che ha causato finora 13000 morti, secondo i dati Onu. Altri invece ritengono che l’accordo porterà più problemi che benefici. La Russia aveva abbandonato il tavolo dei negoziati, minacciando di non sedersi finché non si sarebbero previste elezioni nei territori della Repubblica di Lugansk y Donetsk. Il fatto che l’Ucraina apra la porta alle elezioni nell’est fa pensare a uno spostamento dell’asse geopolitico del paese. Kiev guarda sempre agli Usa ma strizza l’occhio a Mosca. La scelta di Zelensky arriva in un momento difficile per il presidente coinvolto nella questione del rapporti con Donald Trump, che rischia l’impeachment in America. Allo stesso tempo, Zelensky mostra una buona disponibilità verso la Russia, cercando di ricostruire il dialogo diplomatico.