Il continente africano ha grandi giacimenti di gas e un potenziale enorme nelle fonti energetiche rinnovabili. E’ pronta l’Africa a essere un giocatore di ruolo nella grande partita energetica globale?
L’Africa ha grandi fonti energetiche e il mondo se n’è accorto. La guerra in Ucraina ha causato un aumento dei prezzi di gas e petrolio e ha spinto i paesi europei a ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, che è tuttora il secondo produttore al mondo di gas naturale e il terzo di petrolio.
Inoltre, i cambiamenti climatici stanno convincendo i leader mondiali che la transizione ecologica verso fonti rinnovabili e alternative ai carburanti fossili è la via da seguire e che non c’è più molto tempo.
Il continente africano ha tutto il potenziale per l’energia verde ed è ricco di giacimenti di gas e petrolio.
I paesi occidentali, ma non solo loro, lo hanno capito.
Africa a tutto gas
Un anno e mezzo dopo l’aggressione russa all’Ucraina non si intravedono spiragli di cessate il fuoco e neppure di negoziati. Le multinazionali energetiche stanno potenziando i loro investimenti nel continente. Le più influenti, come la francese TotalEnergy o l’italiana Eni, rispolverano vecchi progetti o ne rielaborano di nuovi. Sanno che in Africa c’è il 13% delle riserve mondiali di gas, poco meno di quello mediorientale, e il 7% di quelle petrolifere.
Gli investitori internazionali si stanno attualmente dirigendo sul gas liquefatto naturale (GLN). Ci sono due grandi progetti, inizialmente accantonati, che riguardano il GLN.
– Mozambico. Qui è prevista la realizzazione di due grandi progetti. Il primo è un grande impianto già messo in cantiere dal colosso francese TotalEnergy ed era stato sospeso a causa degli attacchi jihadisti. Dovrebbe essere pronto per novembre 2023 e iniziare a esportare gas liquefatto a pieno regime emtro il 2028. Il secondo progetto è realizzato dall’americana ExxonMobil, Eni e China National Petroleum Corporation.
– Tanzania. La compagnia petrolifera Shell e la Equinor stanno riprendendo il loro vecchio progetto per un impianto di GçN che dovrebbe entrare in funzione entro breve tempo.
Inoltre:
- Senegal e Mauritania entreranno in funzione impianti entro la fine dell’anno.
- Nigeria la produzione di GLN dovrebbe crescere del 35% entro il 2026.
- Libia. L’Eni ha già firmato un accordo da 8 miliardi di euro per svilupare due giacimenti di gas naturale in Libia che forniranno 30 miliardi di metri cubi in più di gas entro il 2030.
Con questi investimenti, il continente africano, che fino ad ora ha fornito un quinto del gas liquefatto natuale, potrebbe arrivare a rifornire la metà del GLN nel giro di qualche anno.
Petrolio d’Africa
Petrolio d’Africa
Il greggio continua a rimanere l’investimento più attraente.
- Namibia. La TotalEnergy sta investendo metà del suo budget per le esplorazioni. Nei giacimenti del paese sudafricano potrebbe esserci un potenziale di 11 miliardi di barili di petrolio e, probabilmente, anche gas. Se le perforazioni della TotalEnergy confermassero questo, la Namibia diventerebbe tra i più importanti produttori di greggio al mondo.
- Niger. Il paese che ha subito un colpo di Stato lo scorso 26 luglio è attraversato da un oleodotto di costruzione cinese quasi completato. L’ex-presidente Mohammed Bazoum aveva detto che gli introiti per il suo Paese sarebbero stati pari a un quarto del bilancio annuale del Niger. Non si sa cosa succederà dopo il golpe.
Energia rinnovabile
Sul versante delle fonti energetiche rinnovabili, il continente africano non ha rivali. Le sue coste e pianure sono ventilate e soleggiate; i suoi deserti ampi e spaziosi adatti al solare termico, i fiumi sono abbondanti e preziosi per l’idroenergia. L’Africa insomma ha tutti gli ingredienti necessari per l’energia eolica, solare, geotermica e idrica. Un cocktail perfetto per gli investitori in energia green. Gli investimenti nel settore sono stati finora scarsi. L’Africa produce solo l’1% della capacità solare e eolica mondiale, mentre è al 3% di quella idroelettrica.
La barriera principale agli investimenti nel settore è stata la difficoltà a esportare e vendere l’energia in eccesso. Così tutto si è limitato solo al fabbisogno del consumo locale. Oggi però la tecnologia è molto più avanzata rispetto ad alcuni anni fa e gli investimenti potrebbero crescere.
– Idrogeno verde. È tra i punti di forza maggiore del continente. Gli Stati Uniti stanno distribuendo sussidi alle società che ricorrono a idrogeno a bassa emissione di carbone. L’Unione Europea, nella strategia di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, ha stabilito di produrre 10 milioni di tonnelate l’anno di idrogeno verde e di importarne altrettanto entro il 2030. Inoltre, uno studio della Bamca Europea per gli Investimenti (Bei) ha rilevato che l’Africa potrebbe arrivare a produrre 50 milioni di tonnelate di idrogeno verde all’anno entro il 2035.Uno dei progetti più grandi sta prendendo corpo in Mauritania. Anche la Namibia potrebbe diventare un produttore di idrogeno verde.
– Solare. Il maggior investimento straniero è quello britannico in Marocco. La realizzazione dell’impianto solare e eolico ad opera degli inglesi prevede la fornitura del 8% dell’energia della Gran Bretagna entro il 2030. Grazie a una tecnologia avanzata con cablaggi sottomarini sarà possibile trasportare energia dal Nordafrica per 3800 km fino in Gran Bretagna.
Quali sono gli ostacoli per l’Africa?
L’Economist individua tre ostacoli alle verdi fonti energetiche d’Africa.
- I ritardi. Il continente africano deve accelerare altrimenti subentra la concorrenza di altri Paesi che potrebbero conquistare i mercati internazionali. Il Qatar e l’America stanno già cercando di inserirsi nella partita energetica.
- La sicurezza interna. Tra movimenti jihadisti e colpi di Stato la stabilità interna è spesso in bilico e questo rende restii gli investitori a guardare all’Africa come opportunità e non come rischio.
- C’è il grande tema sulla ripartizione dei dividendi dei proventi derivanti dalle risorse energetiche. L’Africa, e non solo, ci ha abituato a vedere che le ricchezze rimangono nelle mani di pochi, spesso signori della guerra o padroni dello Stato.