Khartoum e Il Cairo fanno fronte comune contro Addis Abeba che vuole mettere in funzione la diga sul Nilo il prossimo luglio.
Si fa più dura la battaglia per la grande diga sul Nilo che l’Etiopia sta costruendo a pieno ritmo. Il Sudan e l’Egitto fanno entrambi melina per ritardare il progetto ambizioso del governo etiope.
Il primo ministro sudanese, Abdalla Hamdok, si è rifiutato in questi giorni di firmare un accordo con il governo di Addis Abeba per cominciare la prima fase di riempimento del gigantesco bacino sul grande fiume africano. Per giustificare la mancata firma, a Khartoum hanno sollevato questioni tecniche e legali che vanno discusse.
Anche l’Egitto ha rifiutato la sottoscrizione dell’accordo con motivazioni simili a quelle sudanesi.
L’Etiopia ha manifestato la sua intenzione di iniziare il processo di ritenzione idrica entro due mesi.
La diga sul Nilo. I fatti
I lavori per costruire la più grande diga dell’Africa sono cominciati nel 2011. Definita come “Rinascimento Etiope”, la diga sul Nilo Azzurro, lunga 1,8 km e alta 155 metri, avrà una capacità di 64 miliardi di metri cubi d’acqua. Potrà generare 6.000 megawatt di elettricità.
L’Egitto però ritiene che la realizzazione dell’infrastruttura sarebbe una catastrofe per la sua agricoltura a causa dell’interruzione del corso d’acqua. E si metterebbe in crisi l’attività di sussistenza di circa 200.000 persone.
Il Sudan è mosso da un altro interesse. Il governo sudanese vuole ottenere benefici di approvvigionamento elettrico. Certo la sua posizione geografica la mette nelle stesse condizioni dell’Egitto rischiando di subire danni per la sussistenza della sua economia. Tuttavia, l’esecutivo di Khartoum che un anno fa si è insediato dopo che l’esercito ha costretto alle dimissioni l’ex-presidente Omar al-Bashir, gioca una partita diversa da quella egiziana. E sarebbe disposto a lasciar perdere Il Cairo se si prospettasse qualche vantaggio dalla diga.
Al fine di sbloccare lo stallo dei lavori, Stati Uniti e Banca Mondiale sono intervenuti per trovare una soluzione. E hanno convinto le tre parti a negoziare per un accordo. Egitto, Sudan e Etiopia sono riusciti a redigere una bozza di accordo che doveva essere firmato alla fine di febbraio.
Addis Abeba però fa poco dopo una retromarcia improvvisa. E lancia una nuova e diversa proposta parziale consistente nel cominciare il riempimento della diga. Scatta dunque la reazione egiziana, che presenta una protesta formale presso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il Sudan si allinea con il governo de Il Cairo, appoggiando l’istanza.
Egitto e Sudan sostengono che l’unica soluzione ora sia quella di tornare al tavolodei negoziati.
Perché l’Etiopia vuole la diga sul Nilo
L’Etiopia ha più di 100 milioni di abitanti e un piano ambizioso di crescita economica. Stiamo naturalmente parlando della situazione pre-Coronavirus. A Addis Abeba servono dunque fonti energetiche nuove per soddisfare la domanda interna di energia. Ma gli etiopi hanno anche un altro piano ambizioso. Vogliono diventare il più importante esportatore e venditore di elettricità di tutta l’Africa.
La diga è anche una questione di orgoglio nazionale. Costa 4 miliardi di euro ed è finanziata con fondi cinesi e finanziamenti dello stato etiope. I funzionari pubblici hanno accettato una riduzione del loro salario per la costruzione dell’opera. Adesso che questa è realizzata per il 73%, diventa un sentimento nazionale collettivo raggiungere il traguardo della fine dei lavori. Per questo il governo ha fretta a riempire la diga e vederla finita in pochi mesi.
Il rischio di un conflitto regionale
La diga minaccia di destabilizzare l’Africa orientale e di causare un conflitto regionale. Addis Abeba cerca di far cambiare idea ai sudanesi, che appaiono più volatili e meno rigidi sulla questione. L’Etiopia sa bene che a Khartoum abbandonerebbero in un attimo la battaglia contro l’infrastruttura se ottenessero benefici in termini di approvvigionamento energetico. Inoltre, il premier etiope ha giocato un ruolo di primo piano nella soluzione della questione sudanese dopo la cacciata di Bashir. La sua mediazione ha consentito di trovare un’intesa per la formazione di un governo di civili e militari dopo i mesi di esecutivo dei generali. Più dura con l’Egitto la cui posizione è più rigida. E più comprensibile data la sua maggiore dipendenza dalle acque del Nilo.