Dopo il piano Trump, Hamas alza la posta a Gaza

Il movimento islamista propone tregua e ritiro israeliano da Gaza City. Netanyahu rilancia la minaccia di nuove operazioni militari, mentre Trump si dice fiducioso sulla liberazione degli ostaggi.

A meno di ventiquattr’ore dall’annuncio dell’accettazione parziale del piano Trump per Gaza, Hamas ha fissato le proprie condizioni per partecipare ai negoziati in Egitto. Il movimento islamista propone un cessate il fuoco durante i colloqui e il ritiro delle truppe israeliane da Gaza City.

Secondo fonti citate da la Repubblica, Hamas chiede che l’IDF, le forze di difesa israeliane, si ritiri dai centri abitati e torni nelle posizioni meno popolate occupate al momento dell’ultimo accordo di gennaio 2025. Il gruppo palestinese propone inoltre una tregua di dieci ore al giorno, estesa a dodici nelle giornate in cui verranno liberati ostaggi.

Le richieste hanno provocato la reazione immediata di Israele. Il premier Benjamin Netanyahu ha ribadito che il “sì” di Hamas non è affatto scontato e ha avvertito che il governo è pronto a riprendere le operazioni militari in qualsiasi momento. Sulla stessa linea il capo di stato maggiore dell’IDF, Eyal Zamir, che ha confermato la disponibilità a riprendere i raid su Gaza “senza esitazioni”.

Ad alimentare ulteriormente la tensione sono intervenuti anche Donald Trump e il segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth. Entrambi hanno dichiarato che Israele “potrà completare il lavoro a Gaza” se Hamas non accetterà le condizioni del piano e non libererà gli ostaggi.
Trump, tuttavia, ha aggiunto di essere fiducioso che gli ostaggi saranno liberati presto, mantenendo un tono di cauto ottimismo nei confronti dell’evoluzione del negoziato.

Una posizione, quella americana, che da un lato rafforza il sostegno a Israele, ma dall’altro rischia di indebolire il fragile percorso diplomatico delineato dal piano Trump, riaprendo la strada a una nuova escalation militare nella Striscia di Gaza.

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