Sergio Romano presenta il suo ultimo libro all’Ispi di Milano. L’incontro diventa un’occasione per riflettere sulle cause del disordine mondiale attuale.

La presentazione del libro di Sergio Romano, Lode alla Guerra Fredda, è stata l’occasione per un confronto sul ruolo degli Stati Uniti nel nuovo disordine globale.
A Milano, nella sede dell’Istituto di Studi di Politica Internazionale (Ispi), il presidente dell’Ispi, ambasciatore Giancarlo Aragona, ha ospitato lo storico americanista Massimo Teodori e l’autore.
Aragona ha aperto la riflessione ponendo una questione centrale per capire dove va l’ordine internazionale oggi: cosa è andato male nello status quo raggiunto con la Guerra Fredda e perché ci ritroviamo oggi in un quadro caotico nel quale l’euro-atlantismo ha perso la sua centralità nel mondo.
Secondo il Professor Teodori più che una guerra fu una pace fredda. Stati Uniti e Urss erano stati in grado di tenere a bada, grazie alla spada di Damocle del nucleare, i contendenti europei che avrebbero voluto lo scontro finale. Soprattutto, a Washington e Mosca si comprese in quegli anni l’immutabilità dei confini stabiliti a Yalta, che davano garanzie di stabilità e ordine. Con questa logica gli Usa non intervennero a Budapest nel 1956 e a Praga nel 1968. Lo stesso fecero i sovietici che agirono sempre nella loro parte di cortile europeo senza mai travalicare. Le guerre condotte con armi convenzionali sorsero solo in aree extraeuropee (come la guerra di Corea).
Quando crollò il muro di Berlino che sancì formalmente la fine della Guerra Fredda, l’errore fu di non considerare l’immutabilità dei confini e puntare a invadere in modi diversi il campo avversario. La mossa più spregiudicata fu quella dell’estensione della Nato. L’idea di ampliarla a est e di inglobare, come propone qualcuno, pure l’Ucraina è una prospettiva che non può non preoccupare la Russia. La conseguenza è di mettere in crisi la costruzione di un nuovo ordine internazionale, già compromesso dalla presenza di alcune realtà difficili da inquadrare come alcuni non-stati (Bosnia, Stato Islamico, Kosovo, Gaza).
Ad approfondire le sollecitazioni di Aragona e Teodori è intervenuto Sergio Romano, già ambasciatore presso Mosca e la Nato, storico e editorialista del Corriere della Sera.
Secondo l’autore di “Lode alla Guerra Fredda”, all’origine del disordine internazionale attuale c’è il modo con cui gli Stati Uniti hanno gestito l’equilibrio mondiale. Il grande errore è stato quello di non comprendere in alcune fasi storiche l’importanza di non provocare mutazioni genetiche dell’ordine costituito. Uno stato, insomma, purché nemico va preservato perché importante per la stabilità regionale o internazionale.
Capì bene questo principio George Bush senior convinto sostenitore dell’importanza dell’Unione Sovietica, che in quegli anni affrontava le sue trasformazioni, per il mantenimento dell’ordine e dell’equilibrio internazionale. Un cambio di marcia nella politica estera Usa avvenne con Bill Clinton che comincia a lavorare sull’estensione della Nato a est. Clinton va incontro alle pressioni che riceve dalle diverse lobby interne influenti in termini elettorali: quelle delle comunità americane di immigrati dall’Europa orientale o dagli stati ex-sovietici come i polacchi; quelle dell’industria bellica che vede nell’allargamento Nato più commesse militari e business.
La Nato tuttavia, specifica Romano, è una struttura bellica, un alleanza di Stati con la guerra al piede. Un’organizzazione militare che, insomma, deve avere un nemico perché non avrebbe ragione d’essere. Quindi, trovarsela ai propri confini non fa piacere a nessuno. Tantomeno alla Russia che soffre di sindrome d’accerchiamento. L’allargamento Nato dà la percezione che il nemico sia il russo.
L’operazione avviata da Clinton è stata proseguita da Bush jr. Nella Conferenza tenutasi a Pratica di Mare nel 2002 (quella del berlusconiano “romolo e remolo” n.d.r.), ci fu un tentativo di trasformare la Nato da alleanza militare in un Patto di Sicurezza Collettiva che doveva includere anche la Russia. Il progetto negli anni tramontò. E non solo la Nato rimase un’alleanza puramente militare ma si propose che doveva inglobare anche Paesi dell’ex Patto di Varsavia. Da qui le inquietudini russe di avere la Nato ai propri confini e le tensioni, Ucraina inclusa, che oggi destabilizzano aree dell’Europa.
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