Dream Syndicate: il live a Milano

La band californiana dal vivo. Il commento

Steve Wynn e i suoi Dream Syndicate ci sono ancora. Eccome se ci sono. La potenza delle chitarre e del sound che hanno inventato nel 1980 non ha perso la verve che li ha contraddistinti.

Nella tendo-struttura del circolo Magnolia, stracolma di gente, la band californiana ha fatto dimenticare che dall’ultima esibizione milanese erano trascorsi 29 anni, e dall’ultimo album ne erano passati 23.

Il pubblico era quello della generazione di mezzo, cresciuta a  pane e Syndicate: o meglio a pane e Paisly Undeground, il genere musicale che Steve Wynn e compagni hanno inventato negli anni ’80.

E’ stato il concerto dei ricordi e della nostalgia, di quando quella generazione si affacciava al mondo in un mondo che cambiava. I Dream Syndicate c’erano e li ascoltavamo prima e dopo la caduta del muro, prima e dopo la Germania divisa, prima e dopo l’Unione Sovietica. Eravamo affamati di musica e strade d’America, di scenari culturali alternativi e innovativi che arrivavano dal mondo, in particolare dagli States e dalla California, avanguardia ieri come oggi delle innovazioni in tutti i campi.

La band ha proposto il nuovo e la tradizione, suonando ininterrottamente per due ore. E non si è fatta compatire neppure alla fine con un bis lunghissimo di 4 pezzi. Se avessero  potuto, i Dream Syndicate avrebbero suonato tutto il loro repertorio. I classici della loro produzione erano tutti in scaletta. Halloween, Forest for the Trees, The days of wine and roses, Whatever you please, Burn, Meritville e tanti altri.

Steve Wynn è un leader carismatico. Tiene il palco alla perfezione. E’ lui il regista indiscusso della band composta da cinque musicisti. Tra loro tre membri storici dei Dream Syndicate: il batterista Dennis Duck, il bassista Mark Walton, il tastierista Chris Cacavas. Il chitarrista Jason Victor gira molto bene, eccome se gira. Ebbi la fortuna di vederli dal vivo nel lontano 1988 a Milano, poi Steve Wynn solista in più occasioni, e l’energia è sempre la stessa.

Il carisma di Steve trascina il pubblico, che si scatena cantando le song più famose. Emozionante il momento di The days of wine and roses e Forest for the trees, per un attimo sembrava di tornare a fine anni ’80. Se i giorni del vino e delle rose hanno chiuso la scaletta ufficiale del concerto, subito dopo ne è cominciato un altro con i Syndicate che hanno eseguito i brani su richiesta del pubblico. Un gran boato alle prime note di Boston, un pezzo storico e mitico della band a metà tra una ballata e il rock sudista. Poi ancora la bellissima e malinconica The side I’ll never show. Da brividi e magica l’esecuzione di Whatever you please. Alla prossima, Dream Syndicate.

Ovidio Diamanti

 

Rispondi