Che la Francia fosse dentro il mirino del terrorismo islamico era noto. Due giorni prima di Natale, fallirono tre tentativi di colpire le città di Nantes, Digione e Joué-lés-Tours, provocando comunque un morto e venti feriti. Quasi un segnale anticipatore del raid compiuto nella redazione del magazine satirico Charlie Hebdo, dodici morti e otto feriti gravi.
Gli attentati di Natale erano stati interpretati dal Presidente Hollande, e da gran parte della stampa d’Oltralpe, come fatti compiuti da squilibrati e senza alcun collegamento tra loro. Atti, insomma, da archiviare. Nonostante un furgone si fosse lanciato, nel caso di Nantes, contro la folla dei mercatini di Natale. Certo a Hollande va comunque riconosciuto il merito di aver tentato in quella circostanza di evitare il panico e, contemporaneamente, potenziato le misure di sicurezza. Non sappiamo però se il capo dell’Eliseo manipolasse la realtà per non turbare gli animi già irrequieti dei francesi svalutando la gravità dei fatti. Lo sapeva qualche voce, isolata, che aveva invece suonato la sirena d’allarme. Una di queste era Thibault de Montbrial, direttore del Cat, Centre d’analyse du terrorisme, che smentì la posizione cauta del governo sostenendo che bisognava essere ciechi per non vedere cosa stesse succedendo. Montbrial ha raccontato a Repubblica senza mezzi termini che in realtà “le autorità sanno esattamente cosa sta succedendo” e sono possibili “attacchi di individui soli che non sono affiliati a organizzazioni terroristiche e non sono perciò conosciuti dall’intelligence. La polizia francese si prepara da mesi in segreto a questo tipo di eventi nei luoghi pubblici”.
In effetti, dopo l’irruzione nella redazione di Hebdo, quell’intervista appare più un vaticinio che un pezzo di approfondimento giornalistico.
Intanto, la Francia si riscopre più insicura, si guarda alle spalle, vede negli occhi della sua gente i potenziali assassini. La Francia si sente tradita da alcuni dei suoi figli andati a combattere con l’Isis e poi tornati in patria. O forse figli mai partiti, ma drogati e inebriati dagli effetti allucinogeni del fanatismo islamico, condannato impietosamente da tutto l’Islam moderato dopo il raid di Parigi. La Francia insomma non sarà più la stessa. Così come non lo sarà l’Europa, non immune da attacchi terroristici. E l’Occidente dovrà interrogarsi sul fallimento della sua guerra al terrorismo, cominciata nel 2001 con l’aggressione all’Afghanistan, e che non ha portato a niente. Per ora il solo risultato è stato l’importazione in Europa degli attentati.