La richiesta di Putin divide la diplomazia Usa. Washington sceglie di tenere aperto il dialogo accettando di discutere la cessione del Donetsk.
Sul tavolo dei negoziati per la pace in Ucraina si gioca una delle partite più delicate della diplomazia americana. Vladimir Putin ha chiesto la cessione del Donetsk alla Russia come condizione per una tregua. Donald Trump, dopo il colloquio telefonico della scorsa settimana con il presidente russo, si è trovato davanti a due opzioni: dire no e chiudere il canale con Mosca, oppure accettare di discuterne per mantenere aperto il negoziato.
Kiev ha già risposto negativamente, ma la Casa Bianca — almeno per ora — non ha sbattuto la porta. La scelta americana sembra orientata a non interrompere il dialogo, anche a costo di legittimare parzialmente le richieste del Cremlino.
Le due strade di Washington
Per Trump e i suoi consiglieri, la questione Donetsk rappresenta una linea rossa e, allo stesso tempo, una leva diplomatica. Rifiutare la richiesta russa avrebbe significato perdere l’unico contatto diretto con Mosca e rischiare il fallimento del negoziato. Accettarla, invece, consente di tenere Putin al tavolo, ma espone Washington al rischio di apparire subalterna alle condizioni del Cremlino.
Già mesi fa, nel piano di pace elaborato da Steve Witkoff, l’amministrazione americana aveva ipotizzato la cessione di alcune aree contese. Oggi l’idea riemerge, concentrata su un solo territorio: il Donetsk.
Un equilibrio precario
Trump cammina su un filo sottile. Dopo la delusione del vertice di Anchorage, il presidente statunitense deve dimostrare di poter ottenere risultati concreti, evitando un altro fallimento diplomatico. Gli Stati Uniti sono pressati su più fronti: quello russo, quello ucraino, l’alleanza europea e le tensioni interne.
La strategia della Casa Bianca punta a usare il Donetsk come moneta negoziale, non come concessione immediata. Ma ogni apertura rischia di essere letta come un cedimento.
Il Donetsk come leva o come concessione
Per Washington, il Donetsk può diventare una leva da opporre a Mosca: “se non accetti il cessate il fuoco, il Donetsk non si tocca”. Ma la dinamica rischia di ribaltarsi se Putin continua a dettare i tempi e le condizioni del dialogo.
L’errore sarebbe lasciare che la diplomazia Usa risponda invece di guidare. Trump può ancora ribaltare la situazione chiedendo prima il cessate il fuoco e solo dopo l’apertura del dossier territoriale.
Una scelta che definisce la pace
In gioco non c’è solo un pezzo di territorio, ma il ruolo dell’America nel futuro assetto europeo. Il “Donetsk sì o no” diventa così la misura della leadership americana: decidere se inseguire la pace alle condizioni di Putin, o tentare di costruirla alle proprie.



